Perché ti sei chiusa nel più assoluto riserbo senza mai dare spiegazione esplicita del tuo prematuro ritiro dalle scene, di cui tutti si chiedono il motivo?

Questa domanda racchiude più di una risposta che cercherò di chiarire con l'animo sereno e per sfatare quelle troppe congetture a cui non ho mai dato eccessiva importanza. Oggi, a distanza di tempo e in occasione della stesura di questo libro, racconterò i fatti che non hanno nulla di trascendentale. I motivi dell'interruzione della mia carriera purtroppo appartengono alla fatalità; inizialmente doveva essere solo temporanea, a causa di stress di carattere generale che mi causava disturbi fisici piuttosto gravi, il principale dei quali, che oggi riconosco come forza scatenante di tutti i miei mali, fu una contrazione muscolare facciale al lato sinistro che mi alterava la posizione della bocca e dell'occhio, falsando a volte l'emissione vocale. Questa specie di tic non era continuo, ma poteva aggredirmi improvvisamente, facendomi vivere sempre nell'angoscia più atroce: controllare la mia voce in quel caso diventava un compito difficile ed estenuante. Fu una processione di medici specialisti con relativi consulti. Le diagnosi furono molteplici e spesso contrastanti: si parlò anche di una emiparesi ed altre definizioni scientifiche che non ricordo. Tutto questo si ripercuoteva sul mio stato psicofisico generale e cominciai a soffrire di insonnia feroce. Feci cure di tutti i tipi fino a sottoporini persino alla cura del sonno che per poco non mi mandò al Creatore, ma a nulla valsero i numerosi tentativi. I miei mali derivavano solo dall'impossibilità di cantare e la rabbia e l'ansia finirono per aggravare il mio stato fisico. Ero caduta in un cerchio chiuso da cui non sapevo uscire. Giocarono anche motivi di ordine psicologico. Avevo avuto col teatro un rapporto d'amore che, in quella circostanza, mi sembrò non fosse stato ricambiato. I giornali cercavano a tutti i costi lo scandalo ed io invece ero del tutto avversa a quel tipo di pubblicità. Essi comunicarono delle notizie senza un minimo fondamento di verità, anzi fortemente diffamatorie. Alcuni scrissero che ero stata ricoverata d'urgenza al manicomio di Palermo perché avevo perduto la memoria, altri che ero stata operata al cuore; in un altro ancora si leggeva che mio marito era fuggito con una ballerina e che io, per l'abbandono, ero impazzita. A causa di tutto questo rimasi disgustata di quel mondo teatrale che non dice nulla per smentire tutte quelle maldicenze. L'indifferenza con cui gli ambienti teatrali accolsero quelle dicerie mi indusse ad allontanarmi da un mondo a cui avevo dato il meglio di me stessa e dal quale mi sentivo ripagata con l'insensibilità e il disinteresse. E' come quando si rompe un rapporto amoroso per colpa di una delle parti e chi subisce il torto non si sente più di continuare. Così mi allontanai dalla vita teatrale a cui non credevo di appartenere ancora e me ne andai senza rimpianti ma con nostalgia del pubblico. Oggi, a distanza di tempo, posso dire che avevo bisogno di tranquillità, ma questa non c'era, ci voleva la pazienza ed io ne ero sprovvista, ci voleva la fede, ma anche quella mi mancò. Comunque lentamente e con l'aiuto della mia famiglia ricominciai a vivere ed a riflettere. Si accavallarono molti pensieri, molte considerazioni che quando si è in attività, specie se intensa, non si ha il tempo di meditare e valutare. La pausa ed il riposo mi portarono ad analizzare la mia vita e subentrò quello stato di relax che mi ha dato la possibilità, del tutto inaspettata, di avere una figlia dopo anni di matrimonio. A questo punto scattarono dei meccanismi incontrollabili: io la mia carriera l'ho svolta sempre col vento in poppa, con entusiasmo, esuberanza, passione e tanta generosità, correndo sempre da un punto all'altro del mondo, senza mai avere qualche giorno solo per me; quando non ero sul palcoscenico ero in sala prove o ero in casa mia col maestro Rossini a studiare nuove opere che via via dovevo interpretare. Decisi improvvisamente e definitivamente di gestire io stessa la mia vita: la mia famiglia osservata con una diversa dimensione ha prevalso, con la consapevolezza di aver dato al Teatro il meglio di me stessa, sempre con disinteressata generosità. Dopo tutte queste riflessioni non sarebbe stato psicologicamente possibile per me ricominciare e forse (perché no?) subentrò anche un pò di timore di non sapermi ripetere. In mio marito poi ho trovato tutto quello che una donna può desiderare: amore, comprensione e partecipazione costante ai miei interessi artistici. Oggi, a distanza di anni, mi sento una donna appagata, con mio marito e la mia bella figlia.